Passo dopo passo

Cinque giovanissimi pellegrini di Castelvetere in Val Fortore (Bn), guidati da don Armando Valerino, per primi, hanno intrapreso il Cammino di San Giovanni Eremita. 

I sei pellegrini sono partiti il 26 giugno da Tufara (Cb), dalla casa natale di San Giovanni Eremita e sono arrivati il 30, dopo cinque giorni di cammino, a San Bartolomeo in Galdo (Bn), luogo dove sono custodite alcune delle reliquie del Santo.

Il pellegrinaggio di San Giovanni, quest’anno acquista un significato particolare, in quanto l’Arcidiocesi di Benevento e le parrocchie del Fortore, stanno vivendo un Giubileo straordinario in occasione dell’850° anniversario della morte (1170) di San Giovanni Eremita.

Don Armando, sacerdote e pellegrino, in occasione del conseguimento della Licenza media, da parte dei cinque ragazzi della sua parrocchia, li ha voluti accompagnare  in un cammino diviso in cinque tappe, alla scoperta di se stessi e della realtà che li circonda.

Da tempo, don Armando, pensava per loro un’esperienza di cammino e aveva il desiderio di regalare ai ragazzi un’esperienza fortemente significativa per la loro crescita umana e spirituale. Per questo, nonostante i limiti imposti dal Corona-virus, ha riprogettato un cammino degno dei suoi pellegrini.

Quasi per caso, qualche giorno fa, ho visto su Facebook un video-riassunto del loro cammino, e subito mi sono commossa alla vista di quei giovanissimi pellegrini che si sono messi in viaggio, con tanta gioia nel cuore e con tanta energia. Per questo ho deciso di incontrarli per farmi raccontare la loro indimenticabile esperienza.

Oggi sono stata felicissima di incontrarli e ve li presento: Morena, Stefania, Maria Antonietta, Carmine e Giampaolo. Sono tutti amici di vecchia data e hanno tutti tra i 13 e 14 anni.

Con tanto entusiasmo mi hanno raccontato che la loro giornata di giovani pellegrini è stata caratterizzata dal cammino durante la mattina, e dal riposo nel pomeriggio.

Ad ogni tappa, durante la celebrazione della Messa, ricevevano il timbro sulla credenziale, che attestava il loro passaggio. Ogni mattina, prima di partire i ragazzi affidavano a Maria il loro cammino.

Cosa ti ha spinto a metterti in cammino? 

Stefania: La voglia di viaggiare, e di stare nella natura.

Carmine: La curiosità di fare un’esperienza diversa, la voglia di stare insieme ai miei amici dopo i mesi di quarantena.

Maria Antonietta: Principalmente la voglia di portare in me un cambiamento, di crescere, di mettermi in gioco. E poi non è assolutamente mancata la voglia di partire con i miei amici.

Posso dire che è stato quasi come un sogno che si è realizzato.

Giampaolo: Mi ha spinto la voglia di mettermi in cammino, di fare il pellegrinaggio e la voglia di stare insieme agli amici e a don Armando.

Morena: La voglia di fare una bella esperienza con i miei amici.

Camminare cosa ha significato per te? Sei partito per una ragione in particolare oppure strada facendo hai dato un senso ai tuoi passi?

Maria Antonietta: Il cammino è servito a ritrovare e riscoprire la sensibilità verso il mondo che ci circonda. Spesso pensiamo che il nostro mondo sia dentro uno smartphone e che tutto dipenda da Internet, dai videogiochi, dai social; così facendo diamo poco importanza a ciò che ci succede intorno, alle piccole cose della vita reale. Non nascondo che è stato bellissimo e unico sentirsi liberi e non schiavi della tecnologia, che spesso ci rende persone diverse, distaccate, indifferenti. Don Armando, infatti, ci ha chiesto di lasciare il nostro telefono a casa.

Stefania:  Per me camminare ha significato principalmente libertà: dalle mie sicurezze e anche dalle automobili, perché ho imparato che si può raggiungere una meta lontana anche camminando. La ragione per cui sono partita era scoprire qualcosa di più sulla vita di San Giovanni e divertirmi con i miei amici.

Giampaolo: Camminare per me ha significato tanto, mi ha fatto crescere e maturare interiormente, perché mi ha aiutato ad essere più responsabile di me stesso e degli altri. La fatica ha rafforzato la nostra amicizia, perché quando qualcuno non ce la faceva, ci siamo aiutati con il sorriso in modo reciproco. Il mio camminare, passo dopo passo, ha acquistato forza per arrivare alla meta.

Cosa ti preoccupava di più prima della partenza? Era la prima volta che facevi un’esperienza del genere?

Morena: Prima della partenza mi sentivo molto tranquilla ed energica, perché avevo già fatto un’esperienza del genere e non vedevo l’ora di partire con i miei amici.

Carmine: Era la prima volta che facevo un’esperienza del genere e nonostante ciò non ho avuto tante preoccupazioni prima della partenza. Durante il cammino ho iniziato un po’ a preoccuparmi, perché alcune tappe erano molto faticose e avevo paura di non farcela.

Maria Antonietta: Me l’aspettavo un po’ diverso il cammino da come poi è stato; forse mi aspettavo più stanchezza. Prima di partire spesso ho pensato: “E se succede qualcosa, a noi o ai nostri familiari mentre siamo assenti?“. Quella era la preoccupazione più grande: il distacco dalla famiglia.

Quale tappa del cammino ti è rimasta di più nel cuore?

Stefania: La tappa del cammino che mi è rimasta più nel cuore è stata Tufara-Castelvetere e poi l’arrivo al Santuario di San Giovanni a Mazzocca, che è un posto davvero meraviglioso, con un panorama mozzafiato! Un ricordo bellissimo che avrò sempre nel cuore è la partita di calcio che abbiamo fatto nel prato davanti al Santuario.

Morena: La tappa conclusiva mi è rimasta più impressa nel cuore perché per me ha significato il raggiungimento del traguardo, del luogo in cui riposano le spoglie di San Giovanni.

Maria Antonietta: Una mia tappa “preferita” non c’è, perché in ogni tappa incontravamo persone diverse, andavamo in posti diversi e ogni tappa per me è stata unica.

A volte ci sono momenti in cui pensiamo di non farcela, con la tentazione di abbandonare tutto e tornare a casa. Ti è capitato di aver avuto questo pensiero durante il cammino?

Carmine: La tappa più faticosa è stata la tappa conclusiva da Foiano a San Bartolomeo e lì ho veramente pensato di volermi fermare e abbandonare tutto. Come per miracolo sul ponte Sette Luci, a 2 chilometri dal traguardo, è passato Don Gianluca con la sua auto mentre tornava da Benevento, e mi ha dato un passaggio. Mi è un po’ dispiaciuto terminare così il cammino, anche perché gli altri poi hanno fatto il bagno nel fiume Fortore, ma ero davvero troppo stanco per camminare ancora.

Morena: Non mi è capitato di avere questo pensiero durante il cammino perché mi sentivo molto carica e avevo sempre molta voglia di camminare.

Stefania: Alcune volte mi è capitato di aver pensato di abbandonare, ad esempio nelle salite più dure, sotto il sole che picchiava, però poi ci siamo incoraggiati a vicenda, ci siamo aiutati e siamo riusciti ad arrivare alla meta insieme.

Cosa hai pensato quando sei arrivato alla meta?

Giampaolo: Quando sono arrivato alla meta sono stato molto orgoglioso di me stesso, perché, nonostante la fatica, ero riuscito a concludere il pellegrinaggio: è stata una bella soddisfazione personale.

Maria Antonietta: Il primo pensiero per me, e credo anche per gli altri, è stato quello di andare a mangiare! Erano le due passate quando siamo arrivati ed avevamo tutti molta fame.

Poi volevo farmi una bella doccia e riposarmi. Diciamo che appena arrivati non ho riflettuto molto su tutto quello che avevamo vissuto durante il cammino, solo dopo ho pensato che è stato bello vivere questa esperienza. Mi sono divertita e ho imparato a cavarmela “da sola”, anche se non eravamo mai soli, perché ci custodivamo l’un l’altro.

Morena: Mi sono sentita felice per aver raggiunto il nostro obiettivo, per la bella esperienza vissuta.

Stefania: Quando sono arrivata alla meta ho pensato:ce l’ho fatta! Ho raggiunto l’obiettivo .

Carmine: Arrivato alla meta, con don Gianluca, mi sono sentito molto felice. Dopo è stato bello anche accogliere i miei amici che sono arrivati a piedi.

Cosa hai portato a casa? Cosa, invece, hai lasciato?

Carmine: Cosa ho portato con me? Sicuramente il mio zaino, pesante, ma carico di tanta amicizia!

Morena: Porto a casa la soddisfazione di essere stata una tra le prime persone ad aver fatto questo pellegrinaggio!

Maria Antonietta: Sicuramente porto a casa tutti i momenti belli trascorsi insieme e le risate. Porto con me anche i momenti di difficoltà, quando non ce la facevamo più a camminare: c’è stato sempre qualcuno che ci ha teso la mano, che ci ha spronato a raggiungere il traguardo. Questa è una delle cose che mi resterà per sempre nel cuore: l’insegnamento di non arrendersi al primo ostacolo, ma di continuare.

Stefania: Certamente porto a casa la bellissima esperienza, e tutte le risate con gli amici.

Giampaolo: A casa porto una bella esperienza interiore di maturità, di aiuto reciproco e lascio l’egoismo e la voglia di non fare le cose.

Don Armando: Una cosa che porto con me è l’esperienza di Provvidenza vissuta nel pellegrinaggio, attraverso i gesti di accoglienza tante persone, i bastoni che ci sono stati donati per il cammino, l’acqua e il gelato che ci ha offerto una signora lungo il cammino, le persone che ci hanno offerto il pranzo, don Gianluca che ha dato il passaggio a Carmine, l’accoglienza delle suore a San Bartolomeo e il loro succo di arancia e limone.

La presenza di Dio ci ha accompagnato in ogni passo.

Grazie, pellegrini, per aver condiviso con noi la vostra bella esperienza!

Pubblicato da ilblogdiunrabarbaro

Anna, 23 anni, amore per la vita e per Chi l'ha creata, passione instancabile per la musica. Meravigliata come stile di vita e curiosa di scoprire nuove cose, mi appassiono della vita e della bellezza, sono un'aspirante santa. Con il corno sulle spalle cammino per le strade del mondo...

Una risposta a “Passo dopo passo”

  1. Ragazzi, siete stati davvero grandi, perché il percorso che avete fatto è molto impegnativo!!!! Bravi, bravi, bravi!!!

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