Don Milani

Don Lorenzo Milani è una delle figure più affascinanti del Novecento. Ampiamente criticato o ammirato, a seconda dei punti di vista.

Io ne ho sempre sentito parlare come una “brava persona” e, dalla lettura di A che serve avere le mani pulite se si tengono in tascaho sentito anch’io il profumo di pulito.

Nel libro sono raccolte alcune lettere che testimoniano l’impegno sociale di don Milani, il suo amore per la scuola e i suoi ragazzi, per i poveri. In particolare vorrei parlare della sua lettera incriminata, nella quale egli difende il diritto dell’obiezione di coscienza e illumina la responsabilità di tutti noi dinanzi alle azioni che compiamo.

Don Milani, accusato di apologia di reato per aver difeso l’obiezione di coscienza, viene processato dopo aver risposto a una lettera dei cappellani militari della Toscana. Tali cappellani chiamavano “vili” gli obiettori di coscienza poiché l’obiezione sarebbe stata “estranea al comandamento cristiano dell’amore”. Don Milani, insieme ai suoi ragazzi, risponde a tali insulti chiarendo la necessità di non fare “pericolose confusioni tra bene e male, fra la verità e l’errore, fra la morte di un aggressore e la morte della sua vittima”. Nella lettera incriminata il prete di Barbiana fa ricordo della storia italiana intrisa di sangue, di giovani che hanno perduto la vita sacrificandosi “per il solo malinteso ideale di patria calpestando senza avvedersene ogni altro nobile ideale umano”.

Nella lettera ai Giudici dell’ottobre 1965 Don Milani scrive il suo intervento per il processo (a causa della malattia non potrà essere presente). Qui il fascino di Don Milani e la sua brillantezza sono resi più chiari, poiché egli parla della sua scuola, di concetti quali la patria, la responsabilità, la coscienza, e lo fa con una limpidezza e una intelligenza da far venire i brividi.  

Don Milani ci richiama al buon uso della nostra coscienza: siamo responsabili di ogni singola azione. L’obbedienza a ordini che riteniamo sinceramente sbagliati non è una virtù, ma cecità. Esempio vivente dell’orrore che la guerra provoca annebbiando le coscienze è Claude Eatherley, il pilota di Hiroshima, che si definisce “un povero imbecille irresponsabile” per aver obbedito ciecamente agli ordini, co-responsabile della morte di milioni di persone. Don Milani, però, non chiama in causa solo Eatherley, ma anche tutti gli scienziati e strateghi che progettarono l’attacco, tutti coloro che, seppur in minima parte, contribuirono all’accaduto. Questo passaggio è fondamentale per comprendere come ogni nostra azione è decisiva, come un singolo tassello per un grande puzzle.

Non è possibile sottovalutare la nostra libertà, che si traduce in responsabilità.

Don Milani, tuttavia, non usa parole offensive verso i caduti in guerra, ma di profondo rispetto, lo stesso che non gli fa “dimenticare” suoi “figlioli vivi”, che gli sono profondamente a cuore. Egli scrive: “Se un giorno sapranno offrire la loro vita in sacrificio ne sarò orgoglioso, ma che sia per la causa di Dio e dei poveri, non per il Signor Savoia o il Signor Krupp.”.

Potrei continuare a commentare e citare le lettere di Don Milani per ore, ma vorrei che ognuno le leggesse da sé, per gustarle e impararle a memoria, per svegliarsi e saperne fare tesoro, riscoprendo il loro significato di grande modernità e attualità. Ancora oggi, infatti, l’obiezione di coscienza è offesa e non riconosciuta, come un vero desiderio di leggi migliori e giuste, cioè quando le leggi sono la forza del debole e non sanzionano il sopruso del forte, scrive ancora Don Milani. Egli non è, però, un anarchico: pagare di persona è testimonianza che si “ama la legge più degli altri”, dunque non consiglia di sottrarsi alla legge e così alla pena che la legge cattiva prevede.

Don Milani ci crede in un mondo migliore, ci crede nella possibilità di costruirlo a partire dalle nostre scelte.

E tu?

 

 

 

 

 

 

 

Citazioni del libro “A che serve avere e mani pulite se si tengono in tasca” da Chiarelettere editore srl, nella collana Instant Book.

Lettera ai Giudici 5, 18 ottobre 1965.

Lettera ai cappellani militari, 23 febbraio 1965.

Pubblicato da ilblogdiunrabarbaro

Anna, 23 anni, amore per la vita e per Chi l'ha creata, passione instancabile per la musica. Meravigliata come stile di vita e curiosa di scoprire nuove cose, mi appassiono della vita e della bellezza, sono un'aspirante santa. Con il corno sulle spalle cammino per le strade del mondo...

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