La ragazzina guerriera

Cari lettori, vi confesso che prima di scrivere questo articolo ci ho pensato a lungo, perchè se da un lato parlerò di un libro che ha cambiato la mia vita e il mio modo di vedere il mondo, dall’altro lato mi sento di farvi un torto raccontandovi una storia che mi piacerebbe che voi leggeste prima. Perché leggerla è un’altra cosa, sarete d’accordo. Quindi, il mio consiglio, se ancora non avete letto “Non dirmi che hai paura” di Giuseppe Catozzella, è di chiudere immediatamente la pagina web e di correre a comprarlo in libreria. Dopo venite a leggere il mio articolo. Oppure, se non vi spaventa lo spoiler, continuate a leggere le mie righe e poi comunque comprate il libro.

AVVISO: Giuseppe Catozzella non mi ha pagata.

Bando alle ciance, passiamo ai fatti.

Ho comprato “Non dirmi che hai paura” perchè in libreria era tra i consigliati dalla libraia, ché questo libro ci avrebbe fatti restare umani. Mi ha incuriosito subito e l’ho preso.

Ho iniziato a leggerlo il giorno stesso perchè dovevo affrontare un viaggio e in treno il tempo non passa mai senza fare nulla. Pagina dopo pagina la storia mi incuriosiva sempre di più e così l’ho divorato in pochi giorni.

Samia Yusuf Omar, la protagonista, è una ragazzina di Mogadiscio, in Somalia, con la passione per la corsa e per la vita. Il suo sogno, che cresce e matura attraverso gli anni, è quello di vincere le olimpiadi come velocista.

Samia si allena con Alì, il suo più grande amico, nella città distrutta dalla guerra, sulle strade impolverate e piene di proiettili.

Insieme, come fratelli, sognano la libertà.

Samia vuole vincere, sogna di volare con le sue gambe magrissime e la sua fascia di spugna bianca, quella che aabe le ha regalato. Sogna di superare le avversarie e diventare la più veloce della Somalia. Il problema sono gli integralisti, i miliziani che la sorprendono a correre senza i veli, la guerra spietata che non lascia spazio a grandi sogni.

La piccola guerriera, con Mo Farah nel cuore e con Alì per allenatore, inizia a vincere gare importanti in Somalia (tra cui il Campionato africano di atletica leggera 2008) e così, a soli 17 anni, viene contattata dal Comitato Olimpico per partecipare alle Olimpiadi di Pechino, che sarebbero servite come preparazione a quelle di Londra.samia 2

 

A Pechino, Samia avverte tutta la differenza tra lei e le altre atlete, tra il suo fisico e il loro, tra la sua pochezza e la loro grandezza.

Eppure si schiera come le altre in pista, guarda il traguardo e corre più veloce che può, anche se sa che perderà quella gara.

Ero ancora alla curva quando le altre già tiravano il fiato, oltre il traguardo.

Ho corso la seconda metà della pista da sola. Ma in quegli ultimi cinquanta metri è accaduta una cosa inaspettata.

Una parte del pubblico si è alzata in piedi e ha cominciato a battere le mani. In sincrono. Mi incitavano, gridavano il mio nome, mi incoraggiavano.

[frammento a pag. 142]

Samia viene applaudita e, dopo, viene intervistata da giornalisti di tutto il mondo, ma non è felice per tutti quegli sguardi impietositi, anzi più decisa che mai dice un arrivederci alle avversarie, sicura che avrebbe potuto riscattarsi sulla pista di Londra.

 

Hodan, la sorella di Samia, un giorno sceglie di compiere il Viaggio, la grande traversata verso le coste europee, infrangendo quella promessa fatta anni prima, insieme alla sua abaayo, di restare fedeli al loro paese.

Samia intanto perderà Alì, che andrà via con la sua famiglia, poi anche il suo amato aabe. La guerra la sfinisce, tanto che accetterà l’invito della giornalista Teresa Krug, di andare in Etiopia per allenarsi e vivere con più pace. Peccato che gli uffici somali non le mandano i documenti e quindi da clandestina non può avere accesso alle piste e alla palestra per allenarsi. Per alcuni tempi si allenerà di notte, come aveva fatto a Mogadiscio, ma per lei non può più continuare così.

Samia un giorno parte per il Viaggio, cedendo alla speranza di sopravvivere alla traversata per poter raggiungere la sorella in Finlandia, dove intanto si è costruita una famiglia.

Dopo mesi di viaggio, dopo aver speso tanti soldi per pagare i trafficanti, Samia arriva nel mare che separa la Libia e l’Italia. Mancano solo due mesi alle Olimpiadi di Londra, forse può ancora farcela.

Il barcone dove è salita va in avaria dopo poche ore, ma per fortuna arriva la nave italiana. Qualcuno dice che li rimanderanno indietro, altri iniziano a buttarsi in mare cercando di aggrapparsi alle funi che gli italiani avevano gettato fuori dalla nave.

Samia non vuole tornare indietro in Etiopia, non vuole rinunciare per sempre alla vita che sognava.

E così,  il suo sogno diventa il suo carnefice, diventando causa della fine della sua vita.

Samia si butta in mare, quel mare che aveva solo sfiorato e sognato a causa della guerra. Sua zia, che aveva incontrato a Tripoli, prova a fermarla, ma Samia è abituata a combattere e non si lascia ostacolare.

È il 2 aprile 2012.

La nostra guerriera tenta con tutte le sue forze di raggiungere le funi della salvezza, ma non ce la fa.

Come può un sogno diventare trappola mortale?

ssamia

 

Ho letto la storia di Samia con commozione e ogni suo racconto lo porto nel cuore e anche un po’ negli occhi.

Nel senso che ora ogni volta che incontro un ragazzo straniero, forse somalo o etiope anche lui, rivedo Samia, rivedo il loro Viaggio attraverso i racconti di una ragazzina, rivedo le torture affrontate (per esempio viaggiare nel Sahara quasi senza bere o stare per giorni in un container bollente dove non c’è aria, ma solo speranza e silenzio).

E allora, di fronte a quei ragazzi, a quelle donne, a quelle persone coraggiose che hanno fatto di tutto per salvarsi la vita, io non posso che inchinarmi, che dire loro grazie per essere testimonianza di forza e coraggio.

Perché se loro avessero avuto anche solo la metà delle possibilità che io ho di studiare, di suonare il corno e di realizzare i miei sogni, persone come Samia e Hodan, non esisterebbero. E allora non posso non impegnarmi di più, non posso non essere più precisa nello studio, più capace di rubare tutti i segreti per essere migliore. Lo devo fare anche per loro, anche per Samia, che mi insegna ad essere più attaccata al mio sogno e a combattere per realizzarlo.

Non posso neanche più accettare odio o disprezzo verso i clandestini, che augura loro solo il peggio, perchè non ho vissuto neanche un millesimo di tutte le atrocità che hanno vissuto loro. Non sono diventata un hawaian. 

Non mi sono dovuta vendere per realizzare i miei sogni.

Mi rendo conto che alcune persone, alcuni clandestini, hanno compiuto atti violenti e pericolosi nel paese che li ospita, che alcuni non sono andati via da casa perchè la loro vita era in pericolo e così via, ma penso che non si possa neanche fare di tutta l’erba un fascio. La soluzione, per me, non è rimandare tutti a casa o chiudere i porti, ma smettere di fare la guerra e non costringere più queste persone a scappare.

Se i governi usassero la metà delle energie, che invece sprecano per la famosa “questione dei migranti”, per alzare il telefono e dare il comando di fermare il fuoco, saremmo tutti più felici.

Se la religione potesse smettere di essere la scusa per fare la guerra, saremmo tutti più felici.

Peccato che le fabbriche di armi, il denaro, il potere &Co. siano considerati più importanti delle persone stesse.  E allora stiamo bene così, con tante Samia in mano ai trafficanti, annegate nel mar Mediterraneo, annegate nel loro desiderio di una vita bella che la propria casa non è stata in grado di offrire.

Noi, semplici cittadini, però, cosa possiamo fare?

Forse possiamo scegliere il nostro sguardo, scartando il giudizio incondizionato nei nostri occhi. E possiamo non sprecare le occasioni belle che abbiamo, possiamo essere costruttori di pace nelle nostre comunità, possiamo essere persone giuste.

 

Così Samia vincerà le Olimpiadi,

Hodan potrà cantare insieme al suo gruppo musicale senza rischiare la vita,

Alì potrà essere un allenatore professionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato da ilblogdiunrabarbaro

Anna, 23 anni, amore per la vita e per Chi l'ha creata, passione instancabile per la musica. Meravigliata come stile di vita e curiosa di scoprire nuove cose, mi appassiono della vita e della bellezza, sono un'aspirante santa. Con il corno sulle spalle cammino per le strade del mondo...

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